Stop al multitasking!

Posted By Luca Sciocchi on Feb 18, 2018 | 0 comments


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Se nell’ambito informatico si utilizza il termine multitasking per descrivere l’esecuzione di più programmi contemporaneamente, oggi viene utilizzato anche per riferirsi all’uomo: la capacità di eseguire molteplici attività nel medesimo momento è una prerogativa della nostra routine tecnologica quotidiana.

Quando pensiamo al concetto di multitasking pensiamo ad un qualcosa di estremamente positivo e organizzato, la cui parola chiave risponde al risparmio, ma è davvero così?

Così come la CPU, cervello dell’intero sistema informatico, alterna l’esecuzione di più processi, anche il nostro cervello si districa rapidamente fra un’attività e l’altra, influendo negativamente sulle nostre prestazioni cerebrali. Il multitasking, a fronte di un una maggiore sforzo fisico-cognitivo, fa si che si rilasci un maggior numero di neurotrasmettitori, che però non coincidono con una maggiore resa. Secondo lo studio Cognitive Control in Media Multitaskers, i Multitaskers sono maggiormente suscettibili alle interferenze da stimoli ambientali irrilevanti. I risultati del test hanno mostrato che chi pratica multitasking presenta una ridotta capacità di filtrare le interferenze dall’insieme di attività irrilevanti e difficoltà nel gestire il proprio tempo.

Il multitasking va incontro al problema della nota teoria del collo di bottiglia. Le persone sono in grado di concentrarsi e quindi portare a termine un solo compito alla volta, questo perché non abbiamo infinite risorse cognitive. Quando tentiamo di fare più attività contemporaneamente, andiamo incontro al bottleneck, provocando un calo delle nostre prestazioni e quindi un rallentamento nel portare a termine ciò che stiamo svolgendo. Questo fenomeno viene accentuato quando i compiti che dobbiamo svolgere richiedono un maggiore sforzo cognitivo, perché complessi o pericolosi. Ciò implica anche una maggiore predisposizione a commettere errori.

La diffusione degli SMS e successivamente dei social networks, hanno portato il multitasking in una rapida crescita, diventando una componente onnipresente nella nostra quotidianità. Questi nuovi mezzi di interazione hanno cambiato il processo di elaborazione cognitiva e la gestione della nostra attenzione.

Secondo l’educatrice Kate Hayles il concetto di multitasking può essere ricondotto a quello di iperattenzione, ovvero la capacità di cambiare molto rapidamente l’oggetto di interesse, preferire molteplici fonti e flussi informativi rispetto all’unitarietà, ricercare sempre più stimoli e avere una bassa tolleranza alla monotonia. Tutto ciò si pone in modo antitetico all’unitasking e quindi all’attenzione profonda. Si ricorda che per attenzione profonda si intende la capacità di focalizzarsi su un singolo concetto o elemento ignorando qualsiasi altro stimolo esterno. Questo fa si che ci sia una maggiore concentrazione per periodi di tempo prolungati.

Non dobbiamo limitarci al semplice uso dell’iperattenzione, ma alternarla all’uso dell’attenzione profonda, garantendo un pluralismo in quel processo cognitivo che permette di selezionare degli stimoli piuttosto che altri: dobbiamo essere noi a decidere di scegliere il multitasking, non gli stimoli esterni dettati dal mondo 2.0.

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