Coronavirus: quando i social media creano psicosi

Posted By Alba Barbieri on Feb 25, 2020 | 0 comments


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È ormai globalmente ed ampiamente nota la notizia dell’arrivo del Coronavirus in Italia. Il 21 febbraio la Regione Lombardia ha segnalato sei casi positivi al test di Covid-19 (malattia provocata dal nuovo Coronavirus, dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata). Questo virus non era mai stato identificato prima della sua comparsa a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019.

In un mondo globalmente connesso, le notizie corrono veloci. Una piccola area di una provincia italiana, quella del Lodigiano, fino a quattro giorni fa quasi del tutto sconosciuta ai più, ora si ritrova con i riflettori puntati a causa proprio di questo virus che inizialmente sembrava molto lontano dall’Europa e dall’Italia, ma che invece è apparso in maniera inaspettata, nonostante siano state istituite delle misure preventive come la cancellazione dei voli da e per la Cina e controlli sanitari per persone provenienti da quella zona.

Identificato il focolaio a Codogno, sono state messe in atto diverse misure di protezione allo scopo di riuscire a contenere la diffusione del virus ed il conseguente contagio di altre persone al di fuori dell’area. Oltre a Codogno, per altri nove comuni il ministro della Salute Roberto Speranza e il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana hanno firmato un’ordinanza (consultabile all’indirizzo https://regione.lombardia.it) contenente una serie di provvedimenti. Oltre a ciò, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha disposto delle misure di contenimento che prevedono l’isolamento totale per i dieci comuni segnalati nel Lodigiano ed anche per un comune nel Veneto, Vo’ Euganeo, in provincia di Padova.

Oltre ai fatti di cronaca, esistono le persone che subiscono tutto il peso mediatico di ciò che succede intorno a loro. Si tratta sicuramente di una situazione molto particolare che ha portato le persone ad informarsi solo attraverso televisione e Web, soprattutto nelle zone isolate tramite i provvedimenti statali. Si tratta appena del quarto giorno dalla notizia del primo contagio in Italia, e la paura tra le persone è tanta. Si tratta di un fatto talmente di grande portata, che qualsiasi altra notizia è passata in secondo piano.

Dai post condivisi dagli utenti sui social network si nota una psicosi collettiva davvero allarmante, alimentata da titoli di giornali esagerati e notizie inesatte ed imprecise. L’approccio più sbagliato e pericoloso a questo tipo di emergenza sanitaria è quello seminare il panico. Anche la televisione riporta molte notizie gonfiate ed esagerate: dal momento del contagio, nei titoli dei giornali non manca il numero aggiornato dei morti a causa del Coronavirus, oppure il numero delle persone contagiate in continuo aumento. Tutte cose ovvie che però vengono divulgate con un atteggiamento che porta a seminare panico e psicosi. I virologi dichiarano che è normale che il numero dei contagiati aumenti e che aumenterà, poiché se si cerca qualcosa, è un bene che lo si trovi, infatti prima non si sapeva del virus e quindi neanche si cercavano i contagiati; trovando i contagiati, è possibile mettere in atto delle misure che impediscano nuovi contagi.

I segnali di psicosi sono concretamente evidenti, tramite comportamenti ingiustificati ed irrazionali che sono messi in atto dalla popolazione, per esempio svuotando gli scaffali dei supermercati a Milano, che però non si trova nemmeno in una situazione di isolamento. Conte ha sottolineato come non si tratti di una carestia alimentare e che anche per i paesi isolati saranno resi disponibili i beni di prima necessità.

Per capire perché una grande quantità di persone sta reagendo in questo modo, è necessario chiamare in causa una scienza, ovvero la psicologia, in particolare quel ramo che si occupa dello studio delle emozioni e dei processi cognitivi. Ciò che si nota in Italia, soprattutto al Nord, è la presenza di una “psicosi” dilagante, che nel suo significato più esteso, significa:

“Fenomeno di apprensione, timore, paura, individuale o collettiva, che assume aspetti quasi morbosi”.

Alcuni stimoli ricevuti dal cervello umano vengono elaborati in modo automatico; studi neuroscientifici hanno dimostrato come alcuni stimoli emotivi, soprattutto quelli che indicano minaccia, vengano elaborati automaticamente; questo significa che l’elaborazione avviene in modo veloce, senza coinvolgere risorse attentive e di memoria a breve termine. La spiegazione relativa a questo fenomeno è semplice, infatti dal punto di vista dell’evoluzione della specie, è meglio trovarsi in allarme e preparati per una situazione di pericolo che poi non si verifica, piuttosto che trovarsi vulnerabili nel caso di reale minaccia.

Dal punto di vista anatomico, l’elaborazione di stimoli emotivi avviene grazie all’amigdala, una struttura cerebrale il cui ruolo principale è quello di percepire le emozioni altrui e di produrre comportamenti che esprimono le emozioni dell’individuo, in particolare la paura. Nel caso di un potenziale pericolo, l’elaborazione dello stimolo percepito avviene in maniera precoce e più rapida, saltando alcuni livelli di elaborazione percettiva e permettendo all’amigdala di effettuare una valutazione più rapida. Alcuni studi neuroscientifici hanno dimostrato come in presenza di pericolo, l’elaborazione da parte dell’amigdala avvenga in modo automatico, a prescindere dall’attenzione messa in atto dall’individuo e dalla sua consapevolezza. Si tratta quindi di una risposta automatica attivata in modo naturale dall’individuo, che ha lo scopo di proteggerlo e prepararlo ad affrontare il pericolo, mettendo in atto, se necessario, comportamenti anormali.

Tutto ciò spiega la situazione attuale, caratterizzata da comportamenti della popolazione assolutamente irragionevoli ed irrazionali, sia per quanto riguarda la svuotamento dei supermercati che per il fatto di sovraccaricare i numeri di telefono resi disponibili dal Servizio Sanitario Nazionale.

L’attenzione dei media, e di conseguenza quella delle persone, è completamente volta al Coronavirus e ciò influenza lo stress e la percezione del pericolo. Si tratta di un’emergenza sanitaria che non va minimizzata, però è necessario ascoltare ciò che dicono le autorità, i medici e gli esperti, informandosi solo attraverso fonti attendibili. Niente panico, ma prudenza e attenzione nel rispetto di sé stessi e della popolazione, cercando di mantenere lucidità e di agire in maniera il più razionale possibile.

 

  • http://www.salute.gov.it
  • Smith, E., Kosslyn, S. (2014). Psicologia cognitiva. Mente e cervello. Milano: Pearson Italia

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